57^ COPPA MESSAPICA
Sabato pomeriggio sono andato a Ceglie Messapica per vedere la 57^ edizione della Coppa Messapica.
Seguire il ciclismo dalla televisione è tutta un'altra storia, soprattutto negli ultimi anni, inquadrature soggettive, immagini dall'alto che ti fanno respirare quello che i corridori stessi riescono solo a intravedere, tempi, velocità, statistiche, commenti tecnici ... Ma essere a bordo strada lascia sempre senza fiato, una felicità in apnea che dura tutto il tempo del treno corsa, dalle sirene delle moto della polizia stradale ai clacson delle auto dei giudici, dalla macchia colorata dalle mille sfaccettature cromatiche del gruppo fino all'ultimo ciclista e all'ultimo mezzo a motore a servizio dei corridori.
Parlo da appassionato AMATORE ciclista che tra i tanti impegni (tra cui anche assistere alla gara) si è riuscito a pedalare tra sabato e domenica 183 km, e racconto di queste sensazioni che sono le stesse quando passa una tappa del Giro d'Italia, o quando guardi appoggiato ad un albero in un bosco una gara di MTB, o nel fango una prova di ciclocross o come in questo caso una gara a livello nazionale riservata agli under 23-ELITE (categorie che mi fanno venire gli occhi più lucidi di quelle di IUPORN).
Quando arrivo a Ceglie la corsa è già partita verso Ostuni per proseguire poi verso Cisternino e tornare indietro a Ceglie e ripetere il giro.
Sotto il traguardo poca gente, sul palco lo speaker che da informazioni sulla gara e un unico stand che promuove biciclette, ma speravo in qualcosa più alla portata del mio portafogli sinceramente ...
Guardo passare il primo giro davanti la chiesa di San Gioacchino, il secondo poco prima di piazza Plebiscito, il terzo e primo di cinque del circuito urbano da piazza Sant'Antonio tutti gli altri in prossimità del traguardo.
Quando sei a bordo strada di una gara ciclistica ti rendi conto di quanto sia sostenuta la velocità dei corridori, e quanto aumenti giro dopo giro, quando aspetti pazientemente il passaggio della gara inevitabilmente ti trovi a parlare con la gente che ti sta accanto e se come me ti trovi una signora che ti dice che la chiesa di San Gioacchino l'ha costruita il nonno, ma non l'ha finita perché è morto, che il palazzo di fronte era il vecchio ospedale, che sulla scalinata dove siamo ora nel ventennio le Piccole e le Giovani Italiane facevano la ginnastica, lei lo sa perché c'era e abitava di fronte, quest'anno non gli sembra ci sia tanta gente, comunque lei è per strada per vedere passare la nipotina sulla macchina della giuria, perché suo figlio è il vice presidente, mentre la figlia è uscita presto con il bouquet e premierà i vincitori sul podio ... La signora pare un pezzo da novanta! A bordo strada riesci a vedere le smorfie dei corridori più concentrati e l'aria mai rassegnata ma sempre decisa anche di chi ha ormai mollato la bagarre ma cerca di concludere la gara ad ogni costo. Vedi tutto il contorno alla gara, le persone sedute alle panchine, quelle sui balconi, quelle che passano indifferenti, quello che è riuscito a recuperare un paio di borracce, senti il rumore delle ruote sulla strada, la catena che vibra incessante ai sobbalzi sulle chianche, gli incitamenti dei tifosi, i respiri dei corridori, la sinfonia di un meccanismo semplice e perpetuo, il battistrada che incita i compagni di fuga a darsi il cambio perché lui ci crede ancora e ha le gambe buone, ma il gruppo è come un'espressione matematica che se si vuole risolvere da sola, pian piano ti racchiude nelle sue parentesi.
Quando sei a bordo strada senti lo spostamento d'aria, vedi il gregario che lancia la volata, qualcuno che cambia direzione e qualcuno che vola per aria, vedi le braccia che si alzano e senti il pubblico che non ha vinto niente, ma è sempre il primo ad urlare di gioia.
Ma non è ancora finita. Entro nel percorso e mi allontano, i corridori mi passano accanto mentre tornano indietro stanchi. Arrivo alle ammiraglie, ai furgoni, i ragazzi si cambiano, mangiano e bevono qualcosa.
Alcuni hanno il volto scuro, deluso, altri sono spensierati, si divertono, scherzano, sanno che hanno fatto quello che dovevano fare, pedalare e arrivare in fondo e se non è andata bene questa volta tutto quello che possono fare e rimettersi in sella (e io lo farò) e continuare a pedalare ancora e ancora.
tutte le altre foto sono su FLICKR
Seguire il ciclismo dalla televisione è tutta un'altra storia, soprattutto negli ultimi anni, inquadrature soggettive, immagini dall'alto che ti fanno respirare quello che i corridori stessi riescono solo a intravedere, tempi, velocità, statistiche, commenti tecnici ... Ma essere a bordo strada lascia sempre senza fiato, una felicità in apnea che dura tutto il tempo del treno corsa, dalle sirene delle moto della polizia stradale ai clacson delle auto dei giudici, dalla macchia colorata dalle mille sfaccettature cromatiche del gruppo fino all'ultimo ciclista e all'ultimo mezzo a motore a servizio dei corridori.
Parlo da appassionato AMATORE ciclista che tra i tanti impegni (tra cui anche assistere alla gara) si è riuscito a pedalare tra sabato e domenica 183 km, e racconto di queste sensazioni che sono le stesse quando passa una tappa del Giro d'Italia, o quando guardi appoggiato ad un albero in un bosco una gara di MTB, o nel fango una prova di ciclocross o come in questo caso una gara a livello nazionale riservata agli under 23-ELITE (categorie che mi fanno venire gli occhi più lucidi di quelle di IUPORN).
Quando arrivo a Ceglie la corsa è già partita verso Ostuni per proseguire poi verso Cisternino e tornare indietro a Ceglie e ripetere il giro.
Sotto il traguardo poca gente, sul palco lo speaker che da informazioni sulla gara e un unico stand che promuove biciclette, ma speravo in qualcosa più alla portata del mio portafogli sinceramente ...
Guardo passare il primo giro davanti la chiesa di San Gioacchino, il secondo poco prima di piazza Plebiscito, il terzo e primo di cinque del circuito urbano da piazza Sant'Antonio tutti gli altri in prossimità del traguardo.
Quando sei a bordo strada di una gara ciclistica ti rendi conto di quanto sia sostenuta la velocità dei corridori, e quanto aumenti giro dopo giro, quando aspetti pazientemente il passaggio della gara inevitabilmente ti trovi a parlare con la gente che ti sta accanto e se come me ti trovi una signora che ti dice che la chiesa di San Gioacchino l'ha costruita il nonno, ma non l'ha finita perché è morto, che il palazzo di fronte era il vecchio ospedale, che sulla scalinata dove siamo ora nel ventennio le Piccole e le Giovani Italiane facevano la ginnastica, lei lo sa perché c'era e abitava di fronte, quest'anno non gli sembra ci sia tanta gente, comunque lei è per strada per vedere passare la nipotina sulla macchina della giuria, perché suo figlio è il vice presidente, mentre la figlia è uscita presto con il bouquet e premierà i vincitori sul podio ... La signora pare un pezzo da novanta! A bordo strada riesci a vedere le smorfie dei corridori più concentrati e l'aria mai rassegnata ma sempre decisa anche di chi ha ormai mollato la bagarre ma cerca di concludere la gara ad ogni costo. Vedi tutto il contorno alla gara, le persone sedute alle panchine, quelle sui balconi, quelle che passano indifferenti, quello che è riuscito a recuperare un paio di borracce, senti il rumore delle ruote sulla strada, la catena che vibra incessante ai sobbalzi sulle chianche, gli incitamenti dei tifosi, i respiri dei corridori, la sinfonia di un meccanismo semplice e perpetuo, il battistrada che incita i compagni di fuga a darsi il cambio perché lui ci crede ancora e ha le gambe buone, ma il gruppo è come un'espressione matematica che se si vuole risolvere da sola, pian piano ti racchiude nelle sue parentesi.
Quando sei a bordo strada senti lo spostamento d'aria, vedi il gregario che lancia la volata, qualcuno che cambia direzione e qualcuno che vola per aria, vedi le braccia che si alzano e senti il pubblico che non ha vinto niente, ma è sempre il primo ad urlare di gioia.
Ma non è ancora finita. Entro nel percorso e mi allontano, i corridori mi passano accanto mentre tornano indietro stanchi. Arrivo alle ammiraglie, ai furgoni, i ragazzi si cambiano, mangiano e bevono qualcosa.
Alcuni hanno il volto scuro, deluso, altri sono spensierati, si divertono, scherzano, sanno che hanno fatto quello che dovevano fare, pedalare e arrivare in fondo e se non è andata bene questa volta tutto quello che possono fare e rimettersi in sella (e io lo farò) e continuare a pedalare ancora e ancora.
il pavè davanti la chiesa di San Gioacchino |
piazza Sant'Antonio |
via Martina |
dopo il traguardo |
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