L'ESERCITO DEGLI AUTOSABOTATORI


Una voce flebile, lontanissima ma sempre dentro la tua testa...
E' proprio in giornate come quella di oggi che la senti più forte, più fastidiosa... Più insistente!
Con il tempo hai imparato a non ascoltarla, a far finta di niente, ignorandola andando avanti, andare avanti contro gli autosabotatori.
Ma la guerra è cruenta. Tu sei da solo mentre gli autosabotatori sono ovunque, nelle teste di chi ti sta intorno. Queste voci si percepiscono, si alleano unendosi e formando un fronte unico.
Non sono più flebili ma più forti e penetranti, vicinissime fino a rimbombare fragorosamente ovattandoti la mente, non lasciandoti il tempo per riflettere e analizzare lucidamente la situazione.
Allora molli la presa, ti lasci andare... Passi.
Andare in bicicletta con un vento da S/E che soffia ad oltre 40 km/h non è facile, ma non è impossibile.
Nel corso di questi anni è una cosa che ho già fatto.
Tornare a casa con le braccia doloranti per lo sforzo di mantenere costantemente la bicicletta leggermente obliqua rispetto al vento o tornare con la faccia arrossata dai granelli di sabbia che si alzano lungo la litoranea e che si trasformano in carezze di carta vetrata, tornare a casa esausto perché il tratto contro vento è come una salita costante senza mai fine! 
Ma nel vento si sublima la fatica e si amplifica la concentrazione, perché le difficoltà aumentano.


Oggi avevo in programma un centinaio di chilometri e almeno mille metri di dislivello.
Ho chiuso gli occhi e le orecchie agli autosabotatori. Ho aperto il cancello ed eccomi per strada.
Non ho risposto alle gocce. Il cielo è grigio, il vento è fortissimo, ancora di più del previsto.
Ho sempre dei piani alternativi. Uscire in mountain bike sarebbe stato troppo facile. Se non posso fare 100 almeno voglio fare 1000 (ma si poteva fare anche 100).
Con la bicicletta da strada sono sulla mia rampa perpetua da Faggiano a Roccaforzata.
Tutto diventa routine. Non sono il Top e neanche un MITOE, il rumore del pavé sconnesso su via Vittorio Emanuele, il marmo lucido nella piazza davanti alla chiesa, la signora con la bancarella della frutta secca e delle olive nella rientranza di via Scanderbeg, le bandiere che sventolano sull'ingresso del municipio, la via che silenziosa lascia di lato le ultime abitazioni e poi diventa pineta rumorosa mossa dal vento, che ho perfettamente alle spalle. 
E' la prima salita, a freddo, dico che la faccio piano, poi mi superano due e mi metto a ruota, e mi mettono in mezzo. Il primo molla poco prima del tornante, il secondo parte da dietro a tutta ma non mi stacco, fino alla fine della pineta, le gambe che vorrebbero tornare indietro, la testa che dice un'altra cosa.
Dopo la lapide il vento è nuovamente alle spalle e spinge forte. Il tipo va via ma non lo seguo più, ormai non conta più. Finalmente posso tirare il fiato. Devo salire almeno altre dodici volte ma di questo passo non sarà possibile. Arrivo alla rotatoria e torno indietro. La discesa contro vento è impegnativa e alla curva tra la lapide e l'inizio della pineta si fa fatica a tenere la bici sull'asfalto.
Le salite successive sono più controllate. La seconda completa dal pavé fino alla rotatoria di Rocca, poi per quattro volte fino alla lapide, la settima fino alla Dolce Vita per un caffè.
Poi si ricomincia tutto di nuovo, il vento che non lascia la presa un attimo, in alcuni tratti di salita è l'amico che ti mette la mano sulla schiena e ti spinge senza dire niente, in altri tratti è un vigliacco che ti mette una mano sugli occhi per non farti vedere la strada e l'altra sul cuore per spingerti dentro a forza tutte le emozioni.
Sali, scendi, sali, scendi... Quando arrivo a mille faccio una piccola variazione sul tema scendendo dalla Madonna della Camera. Quattro cani per strada o forse sono solo tre ad ogni modo il quarto ha un padrone, non sa dove andare, comunque ci va, ogni tanto si ferma a annusare la vita, la vita... Se ci fosse la luna, se ci fosse la luna si potrebbe cantare.

Ritorno su per Monteparano e poi ancora a Rocca entrando nel paese, C'è vento e un Cuorenero, poi la croce e l'erba mossa dal vento, le nuvole che si schiantano verso l'orizzonte e il panorama che si cristallizza tra l'umidità.
Scendo in religioso silenzio.
Ascolto il mio auto sabotatore che ha perso i suoi alleati uno dopo l'altro. Una testata d'ariete ad ogni salita una dopo l'altra e quella voce che ormai è rimasta sola, flebile, lontanissima.

Sono arrivato a 63 ma probabilmente avrei potuto spingere fino a 100, dovevo arrivare a 1000 invece sono 1200 che faccio lascio?
Lascio che per oggi gli autosabotatori restino isolati nel loro silenzio, schiacciati dal loro stesso eco mentre qui sulla schiena della collina mi fermo ad annusare la vita che soffia nel vento, se ci fosse la luna resterei qui a cantare al mio cuore nero. 

 










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