Attraversare la Basilicata dalla costa ionica a quella tirrenica tutta d'un fiato è un sogno che covo da qualche anno, chi mi conosce lo sa, e mai come quest'anno (dopo tutto quello che è successo) questo sogno cercava di manifestardi ucidamente davanti ai miei occhi.
Il percorso pronto da sempre, le gambe anche, la testa si sarebbe adattata, anche a forza, alle difficoltà, l'ostacolo da superare per partire veramente è sempre stato quello di trovare un passaggio per il ritorno.
Quest'anno sono riuscito ad organizzare anche questo.
Alberto mi avrebbe accompagnato alla partenza e mi avrebbe incrociato in tutte le intersezioni con la strada Statale Sinnica per darmi supporto e soprattutto mi avrebbe aspettato all'arrivo per poi portarmi indietro.
Decido di farlo Domenica 13 Settembre e sono pronto a farlo da solo.
Poi, venerdì 11 intorno alle 18:00 chiamo Peppe e gli dico che finalmente ho deciso di fare questa uscita, avevo ammorbato anche lui più di qualche volta, che avevo organizzato tutto e che se voleva poteva unirsi...
Sono abituato a pedalare fondamentalmente da solo, però qualcosa mi diceva che Peppe era l'unica persona con cui avrei potuto dividere (realisticamente) questa fatica, e mentre mi diceva che domenica aveva già da fare lo sentivo pensare e dubitare di se stesso, mi avrebbe fatto sapere il giorno dopo e devo ammettere che ho sinceramente sperato che alla ferrata in famiglia avrebbe preferito la bicicletta con me.
Sabato mattina Peppe mi chiama e dice che vuole pedalare, anche se non è molto allenato, che vuole andare piano, insomma le solite cose che si dicono tra ciclisti, ma non ci faccio caso e anche se potrebbero diventare dei contro, la bilancia, con Peppe di fianco, pende più sui PRO!
Piccolo cambio di programma, partiamo la mattina solo noi, lasciamo un'auto a Policoro e poi Alberto, partendo con tutta comodità dopo pranzo ci verrà a recuperare a Maratea.
Sono circa le 08:00 quando, dopo la foto davanti al mare, iniziamo la pedalata dall'oasi WWF di Policoro. Io con la mia BDS Bianchi Oltre XR3, Peppe con la sua Niner Sir 9 metà MTB metà GRAVEL, risaliamo dallo Jonio verso la SS 106 un fresco vento contrario, il silenzio della mattina rotto dallo scorrere della statale quando ci passiamo sopra e da qualche mezzo di lavoro che fa eco dalla campagna fino al bivio di Pane e Vino, attraversiamo per la prima volta di sette il Sinni (qui ancora secco) e procediamo sull'altro lato in direzione Valsinni (primo paese che incroceremo) nel frattempo, fin dalla partenza, Rotondella è un punto di riferimento che traguardiamo da più angolazioni. Intorno a noi coltivazioni, mele selvatiche e un terreno che già mostra tutta la sua aspra ruvidezza.
Speravamo d'incontrare un bar prima, invece dobbiamo aspettare il trentesimo chilometro quando arriviamo finalmente a Valsinni.
Anche se mi ero raccomandato di non farmi fare brute figure, il mio compagno di viaggio vegano, chiede alla signora (oltre i 65 anni) del latte di soia, che ovviamente non c'è!!
Tra il capannello di curiosi fuori al bar un ex ciclista s'informa sulle bici e sul nostro itinerario e non sembra per niente sorpreso quando gli diciamo che stiamo andando a Maratea, ci dice di stare attenti alle gallerie ma quando gli svelo il mio percorso alternativo (tunnelfree) resta a bocca aperta!
Riprendiamo a pedalare, il ponte in cemento armato sul Sinni l'ho sempre visto dalla statale, attraversarlo, in bicicletta mi fa uno strano effetto, sul letto del fiume inizia a scorrere timidamente dell'acqua, la strada è un continuo sali e scendi, il fondo stradale sconnesso, pieno di crepe, dossi, avvallamenti, micro e maxi smottamenti, pietrisco e sabbia, così che la discesa per me risulta essere più impegnativa della salita.
Arriviamo finalmente davanti alla diga di Monte Cotugno, scendiamo e costeggiamo il terrapieno e poi risaliamo verso S/O. Non avevo mai visto il lago da questa prospettiva, scopro su un pannello informativo, la vicenda della Presa del Tappo e la travagliata storia dell'invaso per la popolazione di Senise.
La strada che gira intorno all'invaso è bellissima, l'azzurro finto da un lato e un paesaggio marziano dall'altro, impegnativa per le pendenze e per i tanti cani (mai cattivi, ma con voce in capitolo sul territorio) incrociati.
Intravediamo la suggestiva Arena Sinni, decidiamo di bypassare il percorso originale sotto Chiaromonte, con un passaggio (meno rischioso del previsto) di otto chilometri sulla statale fino al bivio di Francavilla in Sinni.
Risaliamo il paese alla ricerca di qualcosa da mangiare. Ad un fruttivendolo ambulante compriamo quattro banane, poco più avanti troviamo una pasticceria, in cui prendiamo acqua, patatine, qualche sacchettina industriale di semi, frutta secca e canditi, una bevanda energetica, una tonica al limone... Quasi tutto nutrimento per Peppe, io mi preparo i miei sali minerali e mangio il secondo dei quattro panini che mi ero preparato in precedenza. Ci riposiamo un po' e veniamo a sapere di un paese qui vicino in cui si sta allargando il contagio (importato a detta dei nostri fumosi informatori) di Covid19.
Riprendiamo verso Pietrapica, ad un tratto la strada si inerpica brutalmente prima di rientrare sulla provinciale.
I tratti al sole sono infernali, sotto le ombre degli alberi invece si pedala che è una bellezza anche se Giuseppe inizia a perdere smalto e ad ogni salita deve anche fare i conti con la sua scelta della bicicletta, io ne approfitto per non stancarmi troppo, evitando di staccarlo troppo, gap che comunque compensa in discesa dove può spingere senza problemi invertendo i ruoli.
Episcopia compare tra una curva e l'altra sotto l'imponente profilo dei monti Alpi e Teduro.
Il caldo e la stanchezza iniziano a farsi fastidiosi compagni di viaggio, una fontana in uno spiazzo è un piacevole break.
Iniziamo a vedere quanto manca e alla possibilità di tagliare ancora sulla statale.
Peppe è stanco ma determinato, io sono ancora fresco ma inizio a dubitare vedendo inesorabilmente scorrere in avanti la proiezione dell'arrivo sul Tirreno.
Ci sproniamo a vicenda, attribuendo la colpa di un abbandono all'altro e proseguiamo con passo diverso verso Agromonte, Pantoni, Varrazzo, Cerri, Seluci borghi minuscoli e bellissimi lungo una strada interminabile tra gli alberi e le nuvole sopra le vette dei monti che sembrano più vicini.
Continuiamo a salire e scendere in continuazione, nel frattempo Alberto è già dalle parti di Episcopia mentre noi non siamo arrivati ancora a Piano Cataldo.
Propongo un traguardo di consolazione sulla Salerno Reggio Calabria, ma Peppe dice che ha prenotato un tavolino con birre al porto di Maratea e non posso fargli perdere la faccia!!
Andiamo avanti, pensando entrambi (lo confesseremo più tardi) che non l'avremmo mai più fatto, quindi a questo punto bisognava spingersi oltre, Peppe raschiando le forze dai più piccoli muscoli io cercando di nascondere dalla mente l'idea di accontentarmi.
Arriviamo al valico di Serra Cavallo 930 msl con rumore d'autostrada in sottofondo che appare poco dopo dietro una curva con il suo roteante universo di svincoli sopraelevati, cartelli verdi cemento e asfalto bollente in una conca tra vegetazione e spigoli montuosi che ancora nascondono il mare.
Siamo convinti che da qui sarà tutta discesa...
Ci fermiamo in un posto degno di Camionisti in Trattoria, coca cola e per Peppe ancora qualcosa da mangiare.
La discesa ci attende, avvincente e velocissima sulla statale fino a Pecorone, poi stretta e impegnativa su una strada comunale immersa nei boschi in cui bisogna prestare la massima attenzione e non distrarsi mai, soprattutto per fare delle foto. Superiamo Lauria arrivando all'incrocio con la statale 585.
La nostra strada prosegue per Trecchina, ma per saltare questa pericolosa arteria prendiamo una stradina laterale, nascosta dietro la curva e che si arrampica sulla contrada Rotaro.
Questo in assoluto è il tratto dove più sentiamo il sapore amaro della sconfitta.
Una salita inaspettata e difficile, la luce che inizia a farsi fioca, dentro la fitta vegetazione, le gambe doloranti e l'umore che striscia dietro la ruota posteriore come un macigno.
200 mt di dislivello che sembrano 2000 e n grosso cane alle calcagna per tutto il tratto di strada che costeggia la recinzione della sua proprietà privata. Proseguiamo per Trecchina lungo una provinciale da quota 390 slm, un cartello dice 11 km a Maratea finalmente si scende! Invece la strada continua a salire leggermente per un totale di altri 200 metri, infiniti, interminabili, estenuanti. Traffico di rientro da una domenica di mare e una vacca lungo la strada.
Improvvisamente, appare il Tirreno, sul fondo di questo meraviglioso quadro all'imbrunire, il sole bassissimo ma dietro la foschia e le nuvole all'orizzonte, il tramonto, purtroppo non è come me lo sarei aspettato. Dopo qualche minuto arriva anche Peppe.
La picchiata verso il porto di Maratea e veloce ma dilatata, guardo fisso davanti a me respirando il profumo fresco della sera che scende dalle montagne e si mescola in un punto ben preciso con il salmastro del mare.
Non mi scende neanche una lacrima, probabilmente perché ho sudato talmente tanto che non ho più liquidi in corpo, sono di nuovo sul livello del mare, ma su un'altro pianeta che ha sempre orbitato intorno alla mia testa, lontano anni luce.
Alberto ci aspetta da un bel po', scusaci.
Ore 19:15 foto finale davanti al mare, ci cambiamo, smontiamo e sistemiamo le biciclette in auto, una birra e si riparte in salita per tornare a casa.
Il posto fuori dall'uscita dell'autostrada ci aveva stuzzicato e ora non abbiamo più fretta ma tantissima fame!
Si mangia bene e si paga poco, anche se il conto non lo prende ne chef Rubio ne Misha Sukyas!
Grazie Alberto, senza di te non saremmo potuti tornare da Maratea e quindi neanche arrivarci in bicicletta.
Grazie Peppe, senza di te, anche se le gambe e tutto il fisico hanno risposto alla grande non sarei arrivato a Maratea, perché la mente più volte mi ha appannato la vista puntata sul traguardo portandomi a un passo dal fermarmi (cosa che avrei fatto sicuramente se fossi stato da solo) la scelta dell'amico giusto vale più di una squadra e di un ammiraglia al seguito.
Domenica 13 Settembre 2020, dopo averlo sognato per tanti anni ho finalmente avuto il coraggio, anche per lasciarmi definitivamente alle spalle gli strascichi della reclusione forzata, di attraversare in bicicletta la Basilicata da Policoro a Maratea 154 km e 2827 mt di dislivello positivo, ma come sempre accade a prescindere da quale sia la partenza, quello che sta in mezzo e l'arrivo, non sono io che attraverso niente ma il tutto che ti passa dentro, trafiggendoti l'anima come una lama affilata.
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Policoro
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Policoro oasi WWF
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bivio
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Rotondella
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verso Valsinni
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no soia sul k3 |
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arrivederci a Valsinni
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ponte sul fiume Sinni
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casa cantoniera
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viadotto della Sinnica
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terrapieno diga di Monte Cutugno
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45% ?
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torre
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invaso
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territori marziani
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risalendo dall'invaso
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rapace
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cose buone appese
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Episcopia
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Episcopia
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vendesi quadri compresi
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Monte Alpi
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fiume Sinni
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valico di Serra Cavallo
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un Peppe triste perché ora si scende
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un Peppe che scende
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da qualche parte dopo Lauria
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Traffic in Trecchina
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da qualche parte dopo Trecchina
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finalmente il Tirreno
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Maratea
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non ti muovere che torno
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Beh sei andato a Maratea e non sei salito al Cristo Redentore? Non spoilerare!!
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