III RANDONNEE DEL SALENTO
La terza edizione (la mia prima) era prevista domenica 23 marzo, slittata poi di una settimana a causa di un'allerta meteo. Nessuna differenza per me che sono un frequentatore sporadico e non ho programmi, ma per i veri randonneurs che pianificano il calendario delle manifestazioni a cui partecipare, sicuramente una data non è come un'altra... Per questo motivo alla partenza non siamo in tantissimi, tra l'altro anche questa domenica il tempo era dato molto per incerto e dopo una settimana bella bagnata, la pioggia sicura, fa cambiare i miei programmi, così anche se iscritto alla 100 km su strada decido per il percorso gravel da 70 km, ovviamente con cambio di bicicletta al volo.
Anche la trasferta è impegnativa. Partire alle 05:00 del mattino (la domenica che l'orologio perde un'ora) è una prova di forza.
In macchina molto rilassato lascio andare random Spotify scoprendo un paio di pezzi niente male.
Arrivato ad Aradeo, con molta calma completo la mia registrazione e poi preparo la bicicletta. Alle 07:45 parto con un cielo che lentamente si apre sfumando dal grigio verso il celeste pallido.
Vedo poche gravel e molte MTB e questo apre dei quesiti nella mia testa.
Ad ogni modo la prendo da subito con molta calma.
Per i primi 15 km passando da Seclì fino a Nardò (primo punto di controllo) molto asfalto e qualche tratto facile di sterrato con grosse pozzanghere fangose.
Le stradine comunali sono passaggi tra le campagne piene di piccoli appezzamenti e dove le serre, molte in stato di abbandono, sono tra le caratteristiche ricorrenti del paesaggio.
In questa prima fase di percorso faccio qualche chiacchiera con un gruppetto in MTB.
Al primo punto di controllo sotto il Castello, dopo aver attraversato mezzo centro storico confluiscono anche le bici da strada.
Quando si riparte c'è una bella aria, il cielo è sempre più limpido e il sole inizia ad illuminare meno velato il paesaggio. Mi passano tre ragazzi in gravel che mi chiedono se mi voglio accodare a loro, gli rispondo che dipende dalla loro andatura, ma sorridendo non rispondono, ed infatti dopo niente sono già lontani per me. Dopo il cimitero le tracce si dividono ancora.
Dopo pochissimo entro in un quella che è la Ciclovia dell'Acquedotto Pugliese decisamente più impegnativa del tratto sistemato tra Locorotondo e Villa Castelli ma sempre scorrevole (anche se in corrispondenza di qualche incrocio autentica rimessa privata abusiva di materiale vario). La campagna improvvisamente si allarga, i fondi diventano più ampi, le abitazioni tendono ad allontanarsi e diradarsi.
Quasi 8 km di tranquillità assoluta in cui trovo il tempo per una comoda pausa tecnica!!
Qualche centinaio di metri sulla Provinciale verso Avetrana per poi tagliare in direzione mare lungo la strada di Torre Termide passando da grossi campi coltivati ad una boscaglia mediterranea più arcaica con un terreno in cui le pietre iniziano a prendere la gran parte dello spazio. Passaggio a Sant'Isidoro per il secondo punto di controllo praticamente sulla spiaggia.
Il cielo intorno è praticamente libero, ma in lontananza verso il tacco le nuvole incombono e anche se al controllo mi mettono in guardia sul tratto che sto per affrontare sono contento di aver optato per un percorso più corto (...)
Passaggio sulla sabbia (con fotografi ufficiali in zona) fino alla Torre per entrare poi inesorabilmente sul tratto di costa che da Sant'Isidoro va frastagliandosi verso Porto Selvaggio, sette chilometri di terra, pietre e scogli a tratti impercorribile.
Si risale verso la litoranea e poi ancora più su verso i terreni e la grande pineta intorno a Torre Nova.
Dall'alto il panorama verso la costa alle spalle è magnifico, ma con una più ampia visuale il tempo che arriva non lascia presagire niente di buono e questa cosa mi cambia il mood della pedalata che da rilassata e tranquilla diventa un po' più agitata lasciando poco spazio al cazzeggio.
Attraversata tutta la pineta e poi nuovamente la litoranea si scende a mani ben strette sul manubrio nel Parco Naturale di Porto Selvaggio fino all'ultima pietra sul mare.
Di fronte la costa rocciosa che si inerpica verso Torre dell'Alto mi blocca nuovamente la visuale regalandomi però uno degli scorci più suggestivi di tutto il giro. Talmente suggestivo che mi suggestiono e sbaglio strada iniziando a salire su un sentiero degno di una capra e stupidamente continuo ad andare avanti anche quando le capre si fermano e proseguono solo gli stambecchi!!
Quando finalmente il sentiero si perde nella vegetazione e nella roccia a strapiombo mi convinco che sono fuori strada. Anche tornare giù è impegnativo (diciamo anche pericoloso) per via della pendenza.
Di nuovo sul mare, con l'arrivo di altri ciclisti ecco che ritrovo il sentiero giusto, che dopo l'ardita scarpinata di prima non risparmia difficoltà e pendenze mortificanti salita in punta di sella su Strava.
Sono di nuovo sulla strada asfaltata e a questo punto il tempo all'orizzonte prossimo è sempre più una merda. Dovrei ridiscendere nuovamente dalla boscaglia ma preferisco avvantaggiarmi sul meteo incombente scendendo dalla strada principale verso Santa Caterina.
Non mi godo il bel lungomare, con tanto di pista ciclabile che porta verso Santa Maria al Bagno e Lido Conchiglie dove inizia un altro tratto impegnativo nella pineta tra la spiaggia e l'abitato di Rivabella. Sabbia soffice e radici a vista che più volte mi costringono a spingere.
Ancora qualche chilometro di asfalto e poi ancora una salita devastante verso l'Abbazia di San Mauro. Vista panoramica, terzo punto di controllo e definitiva perdita della speranza sulla possibilità di non andare incontro alla pioggia.
Pedalo all'asciutto per altri 10 km in cui attraverso una zona ricca di muretti a secco, più scuri e squadrati rispetto a quelli della Valle d'Itria, e pagghiare di varie dimensioni.
Ultima foto davanti alla chiesa di Montegrappa a Tuglie e poi arriva la pioggia, da subito forte e intensa che mi bagna completamente, poi salto l'incrocio, ritorno, a stento trovo riparo per chiudere il telefono nella borsa, salgo ma sono in crisi... Ad un certo punto foro la ruota anteriore, perché nel rapido giro nell'acqua risalta all'occhio un liquido bianco, non mi fermo e continuo in preda alla disperazione! Sbaglio completamente strada, anche muoversi sul garmin è complicato, sul telefono impossibile.
Arrivato in un punto morto mi accovaccio sotto una palma per fare il punto della situazione sulla mappa
Ritrovando la quadra e decidendo visto il rischio ruota, che fortunatamente non è andata giù, di saltare gli ultimi tratti sterrati e proseguire fino a Neviano lungo un'asfalto che è un fiume in piena.
Mi mancano quattro chilometri su una tranquilla strada comunale, improvvisamente non piove più ed esco dalla borsa sul telaio uno smanicato e i guanti perché sto tremando dal freddo.
Mai avuto tanto freddo in bicicletta, certo quella volta sull'Alta Murgia con la neve... Ma lì ero praticamente assiderato e non sentivo più niente!
Finalmente l'arrivo. Solo vedere la lunga brace per il panino finale mi riscalda, medaglia al collo vado subito alla macchina per asciugarmi e cambiarmi e poi ritornare per prendere panino e birra.
Riparto con il riscaldamento a tutta per almeno qualche chilometro. La stanchezza e il freddo, malgrado il navigatore mi fanno prendere, anche in macchina, strade di cazzo fino a Nardò, quando mi decido a fermarmi, chiudere gli occhi, fare qualche respiro profondo ritrovo la lunga e retta via verso casa.
Gran bel percorso, diverso dai soliti ai quali sono abituato, peccato per il tempo che hanno condizionato la mia pedalata soprattutto dal punto di vista mentale.
Aggiungo la Randonnèe del Salento alla lista di quelle da rifare, se non altro per pedalare pensando più a quello che sta intorno e non soltanto a quello che sta sulla mia testa.
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